Cassaz. Civ., Ordinanza n. 7002/2024: “per ottenere l’esenzione della Tari è necessario dimostrare le condizioni di inidoneità dell’immobile alla produzione di rifiuti.”

La Cassazione, con l’ordinanza n. 7002 del 15 marzo 2024, ha chiarito che per ottenere l’esenzione della Tari è necessario dimostrare le condizioni di inidoneità dell’immobile alla produzione di rifiuti. Ed anche per avere diritto all’esenzione di alcune parti è necessario delimitarle e presentare la relativa dichiarazione al Comune.
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La Suprema Corte, con la superiore sentenza,  ha voluto ribadire che i contribuenti non sono soggetti al pagamento della tassa rifiuti solo in casi estremi e che grava sugli stessi, nonostante la legge di riforma del processo tributario abbia investito l’onere della prova, documentare la sussistenza delle condizioni per ottenere il beneficio dell’esenzione o della riduzione.
Questo perché le agevolazioni, in generale,  rappresentano un’eccezione alla regola del pagamento della tassa da parte di coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale.
                           Avv. Salvatore Torchia 

Cassazione,  Sent. n. 7356/2024: “anche il professionista, che si difende da solo, ha diritto alle spese in suo favore liquidate secondo le tariffe professionali.”

La Cassazione,  con la sentenza n. 7356 del 19 marzo 2024, ha stabilito che anche il professionista , che si difende da solo,  ha diritto alle spese in suo favore liquidate secondo le tariffe professionali.
Le spese si riferiscono a quelle vive ed agli onorari ai quali non si applica l’ Iva,  posto che l’assoggettamento all’imposta si pone in contrasto con la presunzione di gratuità che assiste tali prestazioni.
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La vertenza trae origine da una causa di lavoro con cui, la Corte d’Appello di Palermo,  rigettando l’impugnazione,  aveva confermato la prima decisione e condannato la controparte al pagamento delle spese di lite a cui era stata aggiunta l’Iva.
Ricorrendo in Cassazione veniva eccepito, dalla soccombente, che la parte si era difesa personalmente e quindi non aveva diritto all’ Iva sul compenso.
La Suprema Corte,  accogliendo il ricorso,  ha rilevato come il rapporto di soccombenza, a conclusione del giudizio con esito favorevole alla parte auto difesasi in quanto avvocato, e recuperato sotto il profilo della rilevanza fiscale di detta prestazione professionale,  non è assoggettabile ad IVA in quanto al di là del suo campo di applicazione.
Ha aggiunto però che la prestazione in proprio favore, anche se non fatturata ai fini Iva, deve essere quietanzata e di conseguenza costituisce reddito e soggetta alla relativa imposta diretta sullo stesso.
 Avv. Salvatore Torchia 

Cassazione, Ordinanza n.7622/2024: “il diritto di  veduta non può essere ostacolato nemmeno da una tenda scorrevole, se il cassonetto in cui la stessa viene  avvolta  è stato installato a distanza inferiore ai tre metri previsti dalla legge.”

La Cassazione, con l’ordinanza n.7622 del 21 marzo 2024, ha chiarito che il diritto di  veduta non può essere ostacolato nemmeno da una tenda scorrevole, se il cassonetto in cui la stessa viene  avvolta  è stato installato a distanza inferiore ai  tre metri previsti dalla legge.
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Nella vertenza di cui al ricorso un condomino aveva citato in giudizio il proprietario dell’appartamento sottostante, che aveva installato una tenda di stoffa ritraibile, lamentando la violazione delle norme sulle distanze e l’impedimento all’esercizio della servitù di luce esistente a vantaggio del proprio immobile. Il Tribunale, con sentenza confermata dalla Corte d’appello, aveva dato ragione all’attore, ordinando l’eliminazione delle opere giudicate illegittime.
La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso della controparte che lamentava l’erronea qualificazione di costruzione di una semplice tenda di stoffa ritraibile e quindi non idonea a ledere il diritto di veduta, ha in primo luogo evidenziato che rientra nell’apprezzamento discrezionale del giudice di merito stabilire se una tenda estensibile, con intelaiatura fissata stabilmente al suolo,  costituisca o meno una costruzione.
In verità questo è un errore in cui si cade facilmente.  Cioè di considerare il giudizio in Cassazione un terzo grado. In effetti, nel nostro ordinamento,  i gradi del giudizio sono solo due in quanto il terzo è solo di legittimità.  Nel caso in specie, pertanto,  la Cassazione, poteva intervenire soltanto per vizio di motivazione. Per questo lo ha dichiarato inammissibile.
Comunque ha anche chiarito che, ove si tratti di condominio negli edifici,  non vi è alcuna incompatibilità tra la normativa in tema di distanze e quella sull’uso della cosa comune di cui all’art. 1102 c.c., che consente a ogni condomino di fare pari uso del bene comune, a condizione che uguale diritto non sia impedito agli altri.
Avv. Salvatore Torchia

Cassazione, Ordinanza n. 6303 dell’8.3.2024: in tema di riparto dell’onere della prova dell’inerenza dei costi all’attività, ai fini della loro deducibilità, occorre aver piu riguardo del loro aspetto qualitativamente connesso all’attività stessa che non al loro diretto riferirsi a ricavi conseguiti.

La Cassazione con ordinanza n. 6303 del giorno 8 marzo 2024, ha riconosciuto che in tema di riparto dell’onere della prova dell’inerenza dei costi all’attività, ai fini della loro deducibilità,  occorre aver piu riguardo del loro aspetto qualitativamente connesso all’attività stessa che non al loro diretto riferirsi a ricavi conseguiti.
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La Suprema Corte,  con l’ordinanza di cui sopra, ha respinto il ricorso erariale, ritenendo corretta la sentenza di secondo grado che non aveva legato il rilievo dell’inerenza alla sola diretta imputabilita ‘ dei costi ai ricavi.
E ciò alla luce della sua costante giurisprudenza con la quale si afferma che il contribuente è tenuto a dimostrare l’inerenza, intesa in termini qualitativi e
pertanto di compatibilità, coerenza e correlazione.
Di conseguenza, non ai ricavi in sé, ma all’attività imprenditoriale svolta.
 Avv. Salvatore Torchia