Cassaz, Civ., Ordinanza n. 31646/2024: “il giudice di merito è tenuto a verificare che, ai fini dell’esenzione IMU, gli immobili si configurino come alloggi sociali  di cui all’art. 13  D.L. n. 201 del 2011.”

La Cassazione, con l’ordinanza n. 31646 del 9 dicembre 2024, ha chiarito che il giudice di merito è tenuto a verificare che, ai fini dell’esenzione IMU per effetto del perseguimento dell’interesse pubblico volto alla tutela abitativa, gli immobili si configurino come alloggi sociali  di cui all’art. 13  D.L. n. 201 del 2011.

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In pratica la Suprema Corte ha voluto precisare che non tutti gli alloggi degli Istituti Autonomi case popolari sono esenti dal pagamento dell’IMU, ma solo quelli che abbiano le caratteristiche indicate nei parametri stabiliti dal decreto ministeriale del 22 aprile 2008. In particolare si considera alloggio sociale l’unità immobiliare destinata a uso residenziale e oggetto di locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale di ridurre il disagio abitativo di soggetti e nuclei familiari svantaggiati, i quali non sono in grado di avere accesso alla locazione di alloggi nel libero mercato.

 Avv. Salvatore Torchia 

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Cass. Civ. Ordinanza n. 24363/2024: “i valori minimi dei parametri, di cui al d.m. n. 37 del 2018, hanno carattere inderogabile e pertanto, nella liquidazione delle spese di lite, il giudice tributario non può andare al di sotto di essi”.

La Cassazione, con l’ordinanza n. 24363 del giorno 11 settembre 2024, ha chiarito che i valori minimi dei parametri, di cui al d.m. n. 37 del 2018, hanno carattere inderogabile e pertanto, nella liquidazione delle spese di lite, il giudice tributario non può andare al di sotto di essi rispetto al valore della causa.

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Il Collegio Supremo ha ricordato ai giudici di merito che,  con la riforma del processo tributario, a decorrere dal primo gennaio 2016, le spese del giudizio possono essere compensate, in tutto o in parte, soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistono   gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate. Insomma non può essere usata più la vecchia formula di ” Sussistono giusti motivi per compensare, tra le parti, le spese del presente giudizio. Ha ricordato altresì che non è consentita la liquidazione di importi con una riduzione superiore al 50%  dei parametri medi così come stabilito dall’art. 4 comma 1 del d.m. n. 55 del 2014. Tra le righe dell’ordinanza si legge che non sono derogabili i valori tabellari minimi fissati per ciascuna fase processuale dal nuovo testo del dm n. 55 del 2014 come modificato da dm n. 37 del 2018 .

Avv. Salvatore Torchia

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Cass. Civ. Ordinanza n. 32255/2024: “quando sia stata stipulata tra il Comune e il proprietario una convenzione per la sopraelevazione del fabbricato, successivamente venduto, non è consentito riqualificare questa cessione come vendita di un’area edificabile. Di conseguenza l’Agenzia delle Entrate non può pretendere somme a titolo di plusvalenza.”

La Cassazione, con l’ordinanza n. 32255 del 13 dicembre 2024, ha stabilito che, quando sia stata stipulata tra il Comune e il proprietario una convenzione per la sopraelevazione del fabbricato, successivamente venduto, non è consentito riqualificare questa cessione come vendita di un’area edificabile. Di conseguenza l’Agenzia delle Entrate non può pretendere somme a titolo di plusvalenza.

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La vertenza trae origine da un avviso di accertamento, relativo al pagamento di una somma a titolo di Irpef, col quale l’Agenzia delle Entrate contestava al contribuente una mancata dichiarazione della plusvalenza realizzata in dipendenza della vendita di un  fabbricato. L’accertamento veniva impugnato deducendo che si trattava della vendita di un fabbricato. posseduto da oltre cinque anni, sul quale era stata autorizzata una sopraelevazione. Mentre la Commissione di primo grado aveva accolto il ricorso , quella di secondo grado dava ragione all’Ufficio sostenendo che, in virtù della sopraelevazione, si trattava della cessione di un’area edificabile, stante che la maggiore volumetria proveniva da un’area edificabile. La Cassazione, invece, accoglieva il ricorso del contribuente e, decidendo nel merito, annullava la pretesa erariale. Stabiliva infatti che, in materia di imposta sui redditi, sono redditi diversi, soggetti a tassazione separata, le plusvalenze realizzate a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni edificabili e non anche di terreni sui quali insiste un fabbricato e, quindi, già edificati.

Avv. Salvatore Torchia

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Cassaz. Penale, Sentenza n. 41238/2024: “l’imprenditore, in crisi di liquidità e che non riesce a versare le imposte, può, a certe condizioni, sfuggire alla sanzione penale.”

La Cassazione, con sentenza n. 41238 del giorno 11 novembre 2024, ha stabilito che l’imprenditore, in crisi di liquidità e che non riesce a versare le imposte, può, a certe condizioni, sfuggire alla sanzione penale.

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In buona sostanza si tratta di un cambio di orientamento della giurisprudenza in applicazione della norma di favore introdotta col decreto legislativo n. 87 del 2024 attuativo della riforma fiscale. Invero il tema della crisi di liquidità e dei conseguenti omessi versamenti è da sempre molto dibattuto da dottrina e giurisprudenza perchè sono parecchie le imprese che, a causa di una temporanea crisi, non riescono a versare le imposte regolarmente denunciate. E la sanzione penale è da sempre uno spauracchio per i responsabili aziendali. Peraltro, anche in passato, il legislatore, nel 2000, aveva in effetti avuto l’intenzione di sanzionare soltanto le condotte più gravi, cioè quelle connotate da dolo e fraudolenza. Poi, alla luce dei numerosi omessi versamenti, aveva fatto marcia indietro. Ora, nel nuovo assetto, si è tornati all’approccio più favorevole. Infatti il decreto ora in vigore prevede per i reati di omesso versamento, oltre alla non punibilità per crisi di liquidità, l’esclusione della sanzione penale per chi inizia e rispetta il percorso di pagamento rateale , spostando inoltre al 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi il momento di consumazione del reato.

 Avv. Salvatore Torchia

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Cassaz. Civ., Ordinanza n. 28618/2024: “nel caso in cui gli atti tributari vengano notificati ad un contribuente temporaneamente assente, direttamente a mezzo del servizio postale con raccomandata ordinaria, l’ente impositore è tenuto, in caso di compiuta giacenza, a spedire al destinatario una raccomandata informativa.”

La Cassazione, con ordinanza del 6 novembre 2024 n. 28618, ha affermato il seguente  principio: nel caso in cui gli atti tributari vengano notificati ad un contribuente temporaneamente assente, direttamente a mezzo del servizio postale con raccomandata ordinaria, l’ente impositore è tenuto, in caso di compiuta giacenza, a spedire al destinatario una raccomandata informativa. Il tutto come previsto per gli atti giudiziari e per le notifiche effettuate dall’Ufficiale giudiziario o dal messo comunale.

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Normalmente, quando la notifica a mezzo posta va a buon fine, non serve alcuna relata di notifica nè va effettuata annotazione, nell’avviso di ricevimento, della persona a cui è stato consegnato il plico. Inoltre non è richiesto l’invio della raccomandata informativa al destinatario. Tuttavia, questo adempimento è necessario qualora la notifica avvenga per compiuta giacenza. Ciò per dare al notificatario una ragionevole possibilità di conoscenza della pendenza della notifica di un atto impositivo.

Avv. Salvatore Torchia

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