Luigi RapisardaDelineare, sia pur brevemente, i tratti significativi del popolarismo e della sua attualità,
non può esimerci da una fugace quadro del contesto politico odierno.
Nel diffuso malessere ultraventennale generato da politiche disinvolte, improvvisate, dal
respiro corto, talvolta spregiudicate o intrise di populismo e sovranismo, oggi in una versione
più soft, nel suo stop and go, quasi quotidiano che però sta cominciando a logorare il
governo Meloni, si avverte, già da tempo nel paese, un vuoto di valori, di metodi e di
prospettive solide che per più di cinquant'anni caratterizzarono il nostro sistema
politico in tutte le sue sfaccettature.
Il fatto è che paghiamo ancora il prezzo pesante di quella tempesta giudiziaria che nel
perseguire le singole violazioni penali, fini per abbattere l’intero sistema dei partiti.
Fu il netto annientamento di quasi tutto il sistema di quei partiti a rendere rapida la
migrazione, persino delle istanze più identitarie dei ceti sociali, sempre meno aperte ad una
visione comune, verso le nuove forze che si affacciarono.
Così capovolgendo quella metodica che aveva visto il sistema dei partiti, fino a quel
momento, nella versione tradizionale, artefici di progetti del paese modellati su una visione
organica e di lungo periodo – di cui la DC, primariamente, se ne fece carico – ne scaturì per
paradosso, anche sulla spinta di una nuova legge elettorale maggioritaria, un nuovo e
singolare modello di partito, costruito sulla persona del leader, volto più ad inseguire le
istanze sociali, tanto più istintuali e mutevoli quanto più appetibili nel carpirne immediati
consensi, che a costruire progetti politici fortemente radicati dentro una dialettica
democratica di valori rappresentativi di autentici pezzi di società.
Mentre appariva sempre meno essenziale la formazione e la cura della classe politica,
preferendo ad essa l’assoluta fedeltà dei quadri dirigenti e degli iscritti.
Non ha allora tutti i torti Pier Ferdinando Casini, il più navigato dei democristiani, finito come
un naufrago in un Pd sempre più smarrito, nel disegnarci una realtà rappresentativa delle
Istituzioni dove non sembrano trovarsi neanche le vestigia di quelli che furono canoni e
metodi di governo con cui si raccordavano sapientemente istanze e aspettative dei ceti
sociali nel rispetto dei quali i partiti della prima Repubblica, ed in primis la Democrazia
Cristiana, seppero imprimere , con la miracolosa ricostruzione dell’Italia del secondo
dopoguerra, un processo di modernizzazione dei territori senza precedenti.
Per troppi anni, privati del partito di riferimento, parte dell’area cattolica e popolare si è
rifugiata nel disimpegno politico o nel volontariato sociale.
Tuttavia non sono stai in pochi a perseguire, in una odissea senza fine, velleitarie fusioni a
freddo con culture post-comuniste, o con culture di stampo liberista, nel lodevole intento di
non disperdere quel patrimonio di idee, o talvolta, nell’ingenuo obiettivo di controbilanciare
un eccessiva polarizzazione delle coalizioni, sia a destra che a sinistra.
In questo quadro non può ignorarsi il nobile tentativo di riedizione della DC, che ha già
trovato, soprattutto in Sicilia, lusinghiera affermazione.
Così, non poco rilievo devono aver avuto le cocenti delusioni, ed il fallimento di quei progetti
ancillari, nell’uno e nell’altro versante e la profonda crisi del paese, che non sembra trovare
soluzione, nel motivare il sempre più comune proposito di riportare nella pratica politica quei
valori identitari e quei metodi che, ancora attualissimi, furono il portato della profonda
riflessione di pensiero con cui don Luigi Sturzo disegnò, definendole con il termine

popolarismo, le linee di condotta politica, per governare un paese senza mai debordare
dalle connotazioni tipiche di un sistema democratico.
È appena di qualche giorno la celebrazione degli oltre cento anni dall'appello “ A tutti gli
uomini liberi e forti “ che don Luigi Sturzo lanciò il 18 gennaio del 1919, in concomitanza
con la fondazione del partito popolare.
Quell’Appello resta una pietra miliare ed è un manifesto di grande spessore morale e
politico.
Li si incorpora tutto il pregevole lavoro, unanimemente riconosciuto dagli studiosi, con cui
Sturzo seppe trasporre in chiave politica i tratti etici e sociali della dottrina sociale della
Chiesa.
Nella ricerca di un solido antidoto contro lo statalismo, che comprime le libertà, contro la
partitocrazia che deforma i valori dell’uguaglianza, e contro l’abuso del denaro pubblico,
che altera la giustizia: “le tre nemiche della Democrazia”, Sturzo antepone una corposa
visione interclassista.
E non è raro rinvenire in taluni passaggi della sua ricerca, tesa a rielaborare organicamente,
alla luce della propria teoria politica, principi e visioni delle più importanti matrici culturali: dal
conservatorismo al liberalismo, partendo da A. Smith, al socialismo, assonanze con le
categorie del liberalismo schematizzate da Benedetto Croce.
Un analisi pregevole che lo porta ad individuare, per ciascuna di esse, gli effetti perniciosi o
le possibili aberrazioni nella loro prassi applicativa: dalle incontrollate forme di
accentramento dei poteri, alle profonde disuguaglianze sociali, alle temibili compromissioni
dei supremi valori della vita, della famiglia e della cooperazione pacifica tra le comunità e tra
i popoli.
In questa mirabile sintesi la sua teoria del popolarismo ne risolve le contraddizioni
intrinseche in una coerente compatibilità con i principi dello Stato democratico.
Non di poco conto fu, anche, il carattere profetico della sua visione con riferimento al futuro
assetto costituzionale, all’importanza della partecipazione di ogni cittadino, alla vita
istituzionale e alla costruzione di una comunità europea.
Ma quello che ancora più stupisce è l’estrema attualità del suo pensiero nel quale,
anticipandone gli scenari si colgono adeguate risposte a tutte quelle carenze e
inadeguatezze che oggi siamo chiamati a fronteggiare, mentre ci si avvita verso una crisi dei
partiti, quasi irrisolvibile, con grande insidia per la democrazia rappresentativa.
Un pensiero, quello di Sturzo, talmente pregno di rigore morale (vedasi il suo
concetto di spirito di servizio nell’esercizio di una funzione pubblica)e di organica e
lungimirante coerenza strutturale e concettuale, che non sono pochi a vederne un profilo
che, oltrepassando le anguste espressione della cultura politica cattolica, soprattutto del suo
tempo, si proietta autorevolmente tra gli esponenti più fervidi della nostra cultura politica
nazionale.
È noto peraltro quanto ad Egli fosse ostile la commistione tra la sfera religiosa e la sfera
politica(molto esplicativo il confronto epistolare con Romolo Murri).
Un focus particolarmente interessante fu il compiuto tentativo di coniugare, dentro la cornice
della democrazia e della dottrina sociale della Chiesa,la connessione circolare: Individuo,
Società e Stato nel rapporto tra l’esercizio legittimo delle libertà e della sovranità.
Nel sottoporre a rigorosa riflessione tutto il pensiero e le teorie politiche del contrattualismo,
che da Hobbes, Locke, Montesquieu, Rousseau, fino a Rosmini ed oltre, sviscerò con
limpida visione ogni improprio significato del termine popolo – del cui frequente equivoco
concettuale si sono alimentate e si continuano ad alimentare tutte quelle interpretazioni che
sulla scia di insidiosi fraintendimenti finiscono per portare facilmente verso scenari populisti –

disvelandone tutte le false applicazioni, non in linea con i principi basilari di
Democrazia.
Magistrale, in particolare, la sua analisi politica del contrattualismo liberale di Locke, ove ne
risolve il problema della marcata asimmetria nel dualismo: Società – Stato, ricorrendo ad
una più ampia ed articolata accezione del concetto di sovranità, che non può identificarsi nel
solo esercizio da parte del popolo come corpo indistinto e monolitico; oltre a esso c’è la
naturale e necessaria articolazione negli atti degli individui, delle comunità, delle
istituzioni in un quadro di compatibilità con tutto quel crogiolo di interessi che ne
esprimono il bene comune che deve sempre orientare il cammino di un popolo e
dell’umanità.
Lo stesso Sturzo, in occasione della pubblicazione,nel 1923, del libro intitolato “Riforma
statale ed indirizzi politici”,avverte che “..il suo popolarismo è divenuto una vera e
propria dottrina della quale il partito non è altro che una concretizzazione
organizzativa”, precisando vieppiu’ che esso “è esattamente una teoria dello Stato
democratico”, nella cui costruzione hanno preminente rilevanza i principi di libertà e
giustizia.
Nella consapevolezza di uno strumento ancora vitale ed attuale per il governo del paese, la
tutela dei valori di libertà, la giustizia sociale, la solidarietà e la cooperazione pacifica,
appare cruciale, per le coscienze di tanti cattolici, che si avvii nel paese un processo di
ricomposizione culturale e politica nel nome del popolarismo per una più aderente
applicazione dei valori di convivenza civile, di sviluppo e di progresso, senza lasciare ai
margini nessuna persona, in conformità ad una piena attuazione dei principi scolpiti nella
Carta costituzionale, germogliata sull’epilogo di una guerra mondiale, foriera delle più
abissali e disumane brutalità e di una sanguinosa lotta fratricida.
Un dovere peraltro che ancor più trova la sua giustificazione nella necessità di contribuire a
comporre un quadro geopolitico inquietante scatenato da una ingiustificata aggressione alla
sovranità dell'Ucraina, dagli esiti e dalle evoluzioni, oggi imprevedibili.
Ed è davvero frustrante, nonostante gli accorati appelli del Papa alla cessazione congiunta
delle ostilità e a un tavolo di pace, pensare di continuare a risolvere questioni di confini o
vecchie rivendicazioni facendo ricorso alle armi, se davvero tutti abbiamo a cuore le sorti del
genere umano.
Mentre anche le Istituzioni sovranazionali segnano il passo o non trovano autorevolezza e
ascolto, perché troppo appiattite su posizioni di parte.
Sono sicuro che il forte fermento che sta animando l’area dei cattolici saprà essere la giusta
linfa e la “ ragion pratica” (qui nel senso kantiano di quella parte del pensiero sturziano,
indirizzato all’azione ed al comportamento), per rimettere in cammino tutte le potenzialità e
la fecondità del popolarismo, dottrina, capace, ancora oggi, di dare le giuste risposte alle
tante distorsioni dell'attuale sistema politico.
26.01.2023
Luigi Rapisarda

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