Luigi Rapisarda
Luigi Rapisarda
Non vogliamo certo scimmiottare le pagine illustri dei poemi ellenistici,dense di nobiltà d’animo e di sublimi sentimenti.
Ma quelle che i nostri governanti stanno cercando di scrivere,in questi giorni, non sono meno arrovellati di quelle gloriose epoche,senza voler far torto alla primazia toccata al pentastellato Di Maio ,che appena due anni fa ci diede l’emozione unica di scrivere la Storia in diretta.
In quell’occasione persino Erodoto, Sallustio e Tacito, sublimi maestri della narrazione delle valorose imprese di quel mondo antico, ebbero nella tomba un moto di invidia, verso la sfrontatezza di quel giovane, in pieno apprendistato.
E tanti, anche oggi, se ne stanno dipanando di eventi, in appendice alla vorticosa e possente lotta al coronavirus.
È il tragico effetto di una serie di misure che non hanno saputo ben contemperare le due estreme esigenze della salute e dell’economia del paese.
Con risultati ben diversi se si fosse guardato con lungimiranza a salvaguardare l’altro caposaldo: il sistema economico,fattore insostituibile di sviluppo e progresso.
Pur nell’emergenza di presidiare vita e salute della popolazione, spegnere totalmente i motori del sistema produttivo nell’intero paese, ha finito per condannarci alle prospettive di una grave recessione economica e con pericolo di ulteriore aggravamento depressivo del sistema produttivo, se non si scongiurano al più presto le tante previsioni negative che danno per il prossimo autunno più di un milione di disoccupati.
Con un paese così in ginocchio,neanche la proverbiale virtuosa empatia che il premier è riuscito ad accreditarsi nell’opinione pubblica, pur serrandoci dentro casa,dalla sera alla mattina, sta dimostrando di essere buona leva per superare una così pesante crisi economica.
Anche perché quelle connotazioni non bastano se non si calano in iniziative e scelte concludenti.
È sicuramente al momento, a fronte di un’apparente attivismo, non si vedono i frutti, mentre i tanti piccoli e grandi imprenditori, commercianti e professionisti, messi a terra da una prolungata chiusura delle loro attività, senza quella liquidità e i tanti adeguati sostegni a fondo perduto, come hanno saputo fare gli altri paesi del quadrante europeo e oltre atlantico, si stanno trovando disarmati nel superare il vortice delle crescenti difficoltà,che, burocrazia compresa, continuano a frapporre tra i piedi, nel tentativo di far ripartire le loro aziende.
Siamo quasi all’amara constatazione che quelle preziose libertà, che mai avremmo pensato essere così labili, in un quadro di così consolidato sistema di garanzie costituzionali dei diritti della persona e che il premier ci aveva sottratto per ben due mesi, facendo il despota, suo malgrado.con i tanti Dpcm: ottimi manuali di apprendimento della semantica di Stato che spesso, come è successo con il termine “congiunti”, ha fatto arrovellare mezzo popolo, non ci paiono integre nei loro contenuti.
È come se ci mancasse qualcosa.
Tanto sembriamo essere colpiti nelle nostre radici che ovunque ci hanno caratterizzato per laboriosità ed intraprendenza imprenditoriale, oggi pesantemente offese da misure inadeguate e forse da scarsa comprensione della gravità del danno subito dal nostro sistema imprenditoriale..
Preoccupazione che cresce se guardiamo alle inconcludenti iniziative oltre i quali il governo non riesce ad andare.
Inconcludenti, vuoi per la scarsa attuabilità di parte di essi: come il caso dei prestiti affidati alle banche,che ben se ne infischiano del sostegno a tutti i costi da dare agli imprenditori,sfiancati dai debiti accumulati in questi mesi di lockdown, oltre, magari a qualche pregresso,con correlativa diffidenza verso le garanzie di Stato; vuoi per la inadeguatezza e l’assoluta incongruità dei sussidi e dei sostegni varati, che non incentivano la domanda, perché nessuno o pochissimi comprano, a parte, per chi riesce, la spesa quotidiana per imbandire, almeno una volta al giorno,la tavola, in mancanza di liquidità.
Deficit di analisi o incapienza del nostro erario?
Sta di fatto che da più di un mese non vediamo altro che vetrine mediatiche e appena adesso si sono concluse le passerelle nella splendida Villa Panphilj, che con la trovata degli Stati generali, hanno visto il governo, anzi il suo dominus, interloquire con esponenti e protagonisti delle Istituzioni europee e del mondo del lavoro e dell’imprenditoria, nonostante i tanti tavoli intermedi( Commissione Colao e vari altri tavoli interministeriali) le audizioni parlamentari, le interviste e le prese di posizioni di tanti di questi esponenti, spesso accompagnate da puntuali proposte, per ricordarci che le imprese sono allo stremo per mancanza o difficoltà nel reperire liquidità, data l’insignificanza fiduciaria dei decreti governativi che hanno affidato alle banche, che si affidano a ben altri sistemi di verifica del credito, l’erogazione dei prestiti.
Prese di posizione che a cominciare dalla Confindustria e delle altre organizzazioni imprenditoriali hanno a chiare lettere invocato misure più incisive e più corpose per sostenere la giusta ripartenza e l’occupazione, che è l’anello debole di questa catena, ed evitare il rischio di grossi ridimensionamenti che la forte recessione può comportare.
Per non parlare del contributo che l’esecutivo avrebbe potuto trovare nella disponibilità offerta dalle opposizioni di concorrere alla individuazione delle misure più adeguate a sostenere la ripartenza del motore produttivo, con defiscalizzazioni,incentivi agli investimenti e premialità alle imprese che cessino il ricorso alle delocalizzazioni.
Anzi a nulla giovando l’ulteriore schiaffo, da queste subito proprio ieri, in occasione dell’informativa sul summit europeo dei premier, peraltro in una modalità interlocutoria, ossia per non decidere ancora nulla.
Tuttavia anche i leader dell’opposizione, a parte il partito di Berlusconi che non lo ha fatto, hanno a loro volta sbagliato ad uscire dall’emiciclo, nel momento in cui il premier gli ha negato il ricorso al voto parlamentare a conclusione del suo intervento sulla linea da tenere nell’imminente summit europeo.
Intervento fatto nella forma dell’informativa e non della comunicazione, proprio per evitare il voto.
In realtà Conte ha voluto scansare l’insidia dei 5 S, che sul Mes ed altri aiuti della Commissione sono nettamente contrari, a differenza del Pd.
Mentre in un momento così difficile il voto parlamentare sarebbe stato, oltre che saggiamente rispettoso di quel popolo di cui egli se ne è assunta piena ed integrale rappresentanza, il minimo che un governo avrebbe dovuto fare per far sentire partecipi tutti i diversi protagonisti, dal mondo dell’impresa e del lavoro, ai protagonisti della vita sociale e civile paese, per i grandi sacrifici e l’accettazione supina di misure dalla mera natura regolamentare contro libertà costituzionali che nessun accademico avrebbe mai neppure osato immaginare.
Così non giova la linea dei 5 S -prigionieri, come sono, di schemi ideologici di altri tempi e di dottrine antisistema ed anti industriale – di un modello assistenziale e statalista, invece che dare forza e fiducia al sistema imprenditoriale, vero generatore di reali posti di lavoro e capace di assicurare crescita al paese.
E lo stesso Pd, tra ondeggiamenti vari, non riesce a superare quegli steccati ideologici che lo portano a guardare con diffidenza al mondo produttivo, non essendo riuscito ancora del tutto ad andare oltre la dicotomia tra ceto imprenditoriali e ceto impiegatizio.
Mentre se al più presto non recuperiamo capacita economica il sistema non potrà reggere, gravati come siamo da un forte debito pubblico.
E spingerlo oltre misura farebbe saltare il banco e ci esporrebbe alle turbolenze del mercato dei titoli sovrani che a quel punto, se la Bce non dovesse essere in grado di sostenerci, rischieremmo di scivolare verso uno scenario che fu, qualche anno fa, della Grecia.
Insomma non ci si può accontentare di un attivismo di facciata che serve solo a disperdere energie preziose.
Né può essere di aiuto un eventuale ricorso alle urne, in un momento così delicato.
Esporre il paese ad una non facile campagna elettorale, ammesso che ce ne fossero le condizioni,anche se la totale scollatura del paese reale ove si è consolidata una maggioranza di altro colore e una rappresentanza parlamentare che non riproduce opinioni e consensi del paese,non sarebbe una motivazione di poco conto.
Ovviamente questa è materia di esclusiva competenza del Capo dello Stato, nel momento in cui dovesse profilarsi una verosimile crisi di Governo.
Non ci resta che confidare nella capacità di mediazione che in questi momenti cruciali deve saper dimostrare un premier
( Se ambisce al ruolo di statista ci sembra il meno che possa fare!) cercando di coinvolgere realmente nelle decisioni cruciali, che attengono al destino immediato e di lungo periodo del nostro paese, anche le opposizioni.
Adottando tutte quelle iniziative che si rivelano in questo momento di valido aiuto alla ripartenza.
Per far questo deve però il premier svestirsi di tutte quelle ambiguità che ha mutuato dal movimento 5S, prima fra tutte la sottile avversione per l’Ue e per le sue offerte di aiuto, che se ben e sapientemente impiegate, assieme alle altre potenzialità che in questi momenti hanno saputo offrire la Commissione e la Bce, con le provate capacità di intrapresa che hanno caratterizzato l’innovazione produttiva del nostro Made in Italy, sarebbero assai preziose per uscire tempestivamente da questo pericoloso tunnel.
Diversamente si rischia davvero l’abbrivio verso una grave depressione economica, con il concreto pericolo di forti tensioni sociali, che poi davvero possono trovare evoluzioni in insidiosi accentramento di poteri o in personali dispotismi, come naturale conseguenza della tendenza al leaderismo che già ha caratterizzato in questi anni la nostra vita politica, come effetto distorto allo sgretolamento dei partiti tradizionali, ove il confronto serrato e proficuo di idee e di progetti veniva prima di individuare il leader di turno.
È sorprendente anche per noi, abituati a vedere Conte, nelle doppie sembianze di Giano bifronte, per la capacità di trovare sempre la sintesi in qualsiasi delle molteplicità possibili, come Eraclito, o come i sofisti, nel raffinato modo di argomentare a contrariis, constatare oggi tanta incapacità.
Eppure non sono stati pochi i frangenti della nostra recente storia dove, nei momenti difficili, le faziosità di sono messe da parte per il bene del Paese.
Ed in questa veste Egli era divenuto per tutto il paese una presenza familiare,nei mesi di lockdown, con le sue apparizioni televisive, nel pieno dei Tg serali, atteso come fosse la Pizia a raccontarci dei suoi manoscritti( alludo ai dpcm che oramai sono divenuti per lui proverbiali)e poi da zio galante ed amorevole, tra una comunicazione e l’altra, ci rimboccava, ad uno ad uno, le coperte e ci dava i giusti consigli, raccontandoci, prima della buona notte, fantastiche favolette sulle potenzialità del nostro paese,capaci di farci sognare ad occhi aperti, consegnandoci poi ai sogni della notte, quelli veri, che, come contrappasso delle tante storielle a lieto fine che dal premier avevamo sentito la sera prima, ci rendevano il sonno pesante e pieno di incubi.
Insomma come una metamorfosi che ogni volta si consumava al calar del sole.
Egli che era stato in poco tempo capace, come un vero avvocato del popolo,di ben recitare tutti i ruoli.
Ora in cagnesco con i migranti e l’Europa matrigna e cattiva ai quali rivolgeva accuse di cecità politica e di scarsa solidarietà, mentre il governo, con Salvini lancia in resta faceva le sue crociate contro le migrazioni di massa.
E con politiche che mischiavano assistenzialismo di Stato e liberismo sfrenato, in un quadro da politica economica raeganiana, con all’orizzonte flat tax e condoni vari.
Ora in pietoso altruismo verso quei poveri disperati,mandati in direzione delle nostre coste da bande di speculatori ed aguzzini, ma soprattutto da governi cinici che usano soprattutto queste masse di donne,bambini e uomini in fuga per ricattare i paesi, con chiari obiettivi di espansione nel mediterraneo.
Il fatto è che intento a rassicurarci non si è accorto, e nemmeno il Ministro degli Esteri (ma quegli almeno un motivo c’è l’ha! Con tutto il fardello che si è caricato di scrivere la Storia in diretta, come può accorgersi di quello che ci sta capitando ai nostri confini di terra, di cielo e di mare?)che paesi molto più accorti, ci stavano nel frattempo sfilando persino le storiche alleanze, estromettendoci di fatto dal quadrante geopolitico nordafricano, per noi di rilevante importanza, dove abbiamo strategici interessi economici e commerciali per i nostri approvvigionamenti energetici.
Così viene da chiedersi a che serve convocare Consigli dei ministri, a ripetizione, organizzare ,Stati generali, incontrare a iosa, capi delegazioni straniere, la Commissione europea ed autorevoli esponenti delle accademie?
Se, a fronte di tanto apparente dinamismo, dopo appena due anni di apprendistato e al culmine della popolarità, tanta rappresentazione, se non vuole esaurirsi in una messa in scena, con gratuita visibilità mediatica per i sondaggi, non riesce poi ad approdare ad interventi seri ed adeguati e recuperare risorse ed energie per tirare fuori dal deserto commerciale ed economico il paese?
Con il rischio di far perdere fiducia nelle Istituzioni e tutte le immaginabili insidie per la tenuta del nostro sistema democratico.
In un tal quadro non sarebbe inverosimile immaginare il paradosso di un avvocato del popolo che alla fine potrebbe trovarsi a difendersi dal suo popolo?
Senza contare che questo stato di cose accresce la nostra vulnerabilità alle insidie delle politiche espansionistiche di paesi dai sistemi dispotici,come la Turchia e la Cina,in primo luogo, cui già il governo ha disinvoltamente offerto ponti d’oro, con la gioiosa “ Via della seta”.
Insomma un avvitamento senza fine,
con un quadro generale così denso di incognite che non ci rende meno drammatiche le previsioni se guardassimo il tutto in chiave più semiseria, intorno alle strategie che crogiolano nella mente del premier, per divincolarsi dalla stretta morsa del movimento 5S, da una parte, con le loro rigidità aprioristiche e le dottrine della decrescita felice,e del Pd,dall’altra, il cui filo-europeismo è disorientato dalle contraddizioni di un programma di governo e che impedisce, anche per talune loro congenite ambiguità,nel mettere mano ad un rimodellamento della politica fiscale ed alla non più rimandabile riforma della giustizia, che vanificano ogni seria iniziativa di sviluppo capace di guidare il paese verso una fase credibile di rilancio economico.
E chissà se davvero in un’ottica semiseria non riusciamo a coglierne tutte le recondite riserve di tanto ardito temporeggiare?
Se dovessimo dar conto a gaudenti voci, non del tutto verificabili, ovviamente, secondo cui il premier, starebbe vagheggiando una promessa.fatta a se stesso.
Colto da un raptus autoreferenziale,come Narciso, si sarebbe innamorato di se stesso, o meglio del suo ruolo di premier, complice anche le blandizie del sui tanti amici.
Qualcuno addirittura, senza tanto pudore, lo avrebbe paragonato a Moro.
Con tali e tanti supporters, chi non si sarebbe inebriato, per dì più con i sondaggi che lo danno in ascesa?
Così, secondo questi rumors, raccolti a margine di un convegno sulla poetica di Samuel Beckett, noto autore di “Aspettando Godot”, Egli a seguito di un’apparizione dai contorni sfocati (cosa che non gli ha permesso di identificarne l’identità del messaggero) che gli ha pronosticato un futuro da leader ancora per molti anni, non fa che vagheggiare una nuova coalizione con se stesso, nei panni di leader di partito, con un accredito del 20%, o forse anche più, e magari con il compiacimento di Berlusconi che è alla ricerca di un erede politico.
Una prospettiva che farebbe perdere la testa a chiunque, perché si tratta di ritrovarsi al timone di un area, quella centrista, che fu della storica Democrazia Cristiana, e che, a detta degli amici, egli ne sarebbe il degno erede.
Insomma materia da far smuovere tutta l’ adrenalina che ti ritrovi dentro le viscere.
Speriamo sia solo un’infatuazione momentanea, ma forse più giusto dire una fantasiosa balla narrativa di qualche buontempone.
Il momento non è dei vagheggiamenti, o delle attese, ma delle cose concrete.
22 giugno 2020

Luigi Rapisarda

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