La Cassazione, con l’ordinanza n. 17251 del 15 giugno 2023, ha affermato come  “In caso di rifiuto di ricevere l’atto, la mancata identificazione del rappresentante legale della società,  e in ragione di quanto espressamente attestato nella relata di tutti i soggetti presenti nella sede della società che hanno rifiutato l’atto, impedisce di equiparare il rifiuto all’avvenuta notifica ex art,138 2° comma c.p.c.”
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Si tratta di una motivazione che non solo evidenzia la disciplina sulle notificazioni, ma soprattutto al rapporto di imparzialità della Pubblica amministrazione che è stato impresso nell’art. 97 della Carta costituzionale.
In pratica la Suprema Corte ha redarguito i giudici di secondo grado che avevano equiparato il rifiuto a ricevere l’atto, da parte di soggetti non identificati anche se presenti nella sede della società, con l’atto consegnato a persona rinvenuta nella sede che abbia, pertanto,  ricevuto il plico.
Cosa che la legge, specie nel diritto tributario, non può consentire tenuto conto dei principi di tipicità e specialità specifici per il sistema esattoriale.
Si tratta pertanto di una decisione che prende le distanze da quella adottata dalla allora Commissione Tributaria Regionale la quale, secondo i giudici di legittimità,  non si era attenuta al principio della valutazione certa del soggetto che si era rifiutato di ricevere l’atto, per poi dichiarare valida la cartella esattoriale impugnata dal contribuente.
In sostanza la Commissione regionale, secondo la Cassazione, non avrebbe dovuto affermare che ” è sufficiente che il consegnatario si trovi presso la sede della società, non occasionalmente, e che la persona rinvenuta presso la sede è da presumere che sia addetta alla ricezione degli atti”.
                             Avv. Salvatore Torchia 

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